Non è punibile per la Cassazione l’imprenditore che non paga le ritenute fiscali preferendo pagare gli stipendi

Non è punibile per la Cassazione l’imprenditore che non paga le ritenute fiscali preferendo pagare gli stipendi
09 Marzo 2018: Non è punibile per la Cassazione l’imprenditore che non paga le ritenute fiscali preferendo pagare gli stipendi 09 Marzo 2018

Con la sentenza n. 6737 depositata in data 12 febbraio u.s., la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata in tema di omesso versamento delle ritenute fiscali, illecito punito dall’art. 10 bis del d.lgs. 74/2000.

Nel caso di specie, il Gip del Tribunale di Bergamo aveva condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione la rappresentante legale di una S.p.a. per aver omesso di versare le ritenute fiscali (per euro 873.371,95) risultanti dalle certificazioni rilasciate dai sostituti.

La sentenza era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello.

L’imputata aveva quindi impugnato la predetta sentenza in Cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione dell’art. 10 bis del d.lgs 74/2000, per avere la Corte ritenuto immotivatamente la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La ricorrente, infatti, aveva ribadito in più occasioni, durante il procedimento penale a suo carico, di non aver potuto accantonare mensilmente le somme necessarie per gli importi da versare a causa della crisi di liquidità che aveva colpito la sua società e, a fronte della quale, aveva preferito pagare gli stipendi dei dipendenti.

Nel caso di specie, quindi, secondo la tesi prospettata dalla ricorrente, sarebbe mancato l’elemento soggettivo del reato o, comunque, l’antigiuridicità per impossibilità di una diversa condotta, a causa dell’indisponibilità della somma necessaria, quale “causa di forza maggiore… o comunque causa di stato di necessità, in considerazione della necessità di assicurare ai dipendenti ed alle loro famiglie la prosecuzione dell’attività lavorativa e il loro sostentamento” (che effettivamente era stato garantito sino alla dichiarazione di fallimento della società, richiesta in proprio).

Pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto assolvere l’imputata, considerato altresì che la stessa non aveva alcuna disponibilità di patrimonio personale per adempiere all’obbligo tributario della società che rappresentava.

La Corte d’Appello, invece, aveva ritenuto la sussistenza del dolo e aveva condannato l’imputata adducendo che “il fatto che la Z. abbia ammesso di avere avuto una alternativa e di aver scelto di pagare gli stipendi e le mensilità in corso al fine di assicurare la continuità aziendale, anziché provvedere al pagamento delle ritenute operate nel precedente anno d’imposta, esclude che la stessa si sia trovata in una situazione di assoluta impossibilità di adempiere al debito d’imposta”.

I Giudici di Piazza Cavour, tuttavia, hanno accolto il ricorso dell’imputata, censurando la sentenza di secondo grado per aver operato una ricostruzione della fattispecie penale non giuridicamente completa.

Nel caso di specie, infatti, l’elemento soggettivo del reato sarebbe stato mal valutato proprio perché, in caso contrario, non poteva che configurarsi “un contrasto con la carta costituzionale laddove [si fosse ritenuta] la punibilità del soggetto imprenditore che omette il versamento delle ritenute fiscali, a causa di una crisi finanziaria e per far fronte ad improcrastinabili adempimenti verso altri creditori, quali i lavoratori dipendenti, pure tutelati dalla Costituzione, con particolare riferimento al diritto al lavoro e alla conseguente retribuzione” (cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. III, 9.10.2013, n. 5905; Cass. civ., sez. III, 25.02.2015, n. 8352; Cass. Civ., sez. III, 29.03.2017, n. 46459).

Atteso che il delitto in parola è un reato a dolo generico, quindi, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza di secondo grado, in quanto non aveva adeguatamente motivato in ordine all’elemento soggettivo, “non potendo a priori escludere che la convinzione che i dipendenti necessitassero l’immediata corresponsione (non di somme di denaro di per sé, bensì) di “mezzi di sostentamento necessari” per loro e per le loro famiglie, se realmente fosse stata propria dell’imputata e se realmente l’avesse indotta a pagarli a costo di omettere il versamento delle ritenute, fosse stata nel caso concreto compatibile con il dolo del reato in questione, ovvero con una contestuale consapevolezza dell’illiceità”.

Per tali ragioni, i Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso presentato dall’imputata e rinviato ad altra sezione della Corte d’Appello.

   

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